1.2.1. TEATROGRAFIA

 

LA CASA DEGLI SPETTRI  3 atti – Orano, Algeria, 1942.

ADOLFO HITLER  – 1947
2° premio al concorso nazionale Goffredo

IL GENERALE GRANT NON PRENDE MOGLIE  2 tempi drammatici – 1949

IL BAGAGLIO DI OGNUNO annunzio drammatico in un tempo –  1951

SHAKESPEARE dramma in 3 età e 5 momenti – Udine 1949.
Edizione d’Arte del Quadrante, Udine, 1950.
Segnalazione alle Olimpiadi della Cultura, Genova 1950.

IL PENNACCHIO DI FIAMMA – ed. Teatro del Giorno, Venezia, 1952
Segnalazione al Premio Murano 1952

MERLETTI SULLA BARRICATA – 1952 

UN UOMO DA NULLA – ed. Ridotto, pp.21-40, n°31-32, Luglio-Agosto 1953
Premio Murano 1953

LA CORDA TRA I GRATTACIELI   3 atti e un mimo – ed. Teatro del Giorno, Venezia, 1953

DESIDERIO DEL SABATO SERA – ed. Teatro del Giorno, Venezia 1953
Segnalazione al Premio Pescara, 1954

I SALMI DELLA CITTÀ SEPOLTA – 1954

2000 ANNI D’AMORE (Eva senza evo) – 1954

DIO NON HA FRETTA – 1955

L’INCANTEVOLE ARIEL (Anche i delfini cantano) – 1955

ADDIO AL CARNEVALE tre atti, (Seguito di Un uomo da nulla) – 1955

EVA NASCERÀ DOMANI tre atti supersonici – ed. Ridotto marzo-aprile, Venezia, 1955

MORTE DI POE e SAVONAROLA – 1956

L’ISOLA CHE NON VEDE IL MARE – 1956

PALLE DI NEVE commedia-balletto in due forche e sette raffi – Roma, 1958

TROPPO AMORE   2 tempi – 1958

IL GIORNALE DI MAI commedia balletto – ed. Ora Zero n°3, pp.22-26, Roma 1959

LE VITE DI FAUST danza infernale per Attore, Balletto e Orchestra –  Roma,1958

I DENTI DEL MARE – 1959

NESSUNO MUORE avventura transreale in tre tempi – Ed. Ora Zero, anno 1° n°4, aprile-giugno 1959
Segnalazione al Premio Napoli 1959

PIC-NIC – Wiener Dramaturgie – Vienna, 1960

LA CITTÀ DI OGGI – Wiener Dramaturgie – Vienna, 1960

LE OLIMPIADI DEI CLOWN farsa eroica con balletto in 2 tempi e 7 giochi – ed. Ora Zero, anno II n°9, gennaio 1961

GUIDA SICURA atto unico, 1961

SENI PER IL CINEMA atto unico, 1962

IL FUTURO È DEGLI IMBECILLI commedia esplosiva – ed. Ora Zero, anno IV n° 15-16, dic. 1962

EROSTRATO O DEGLI IMBECILLI versione cinematografica (in coll. Con Moretti e Bonaccorso) – ed. Ora Zero, anno II n°9, gennaio 1961

LE AVVENTURE DI VALPINO radiofavole –  Rai-TV, Trieste 1962

FAUST A MANHATTAN   opera lirica – musica di Mario Nascimbene diretta dal M° Franco Ferrara – 1965
Menzione al Premio Italia 1964

EDIPO A HIROSHIMA film-commedia in due tempi – ed. Ora Zero anno III n°10, Aprile-giugno 1961
Premio “Pro Civitate Cristiana”- Assisi  6 agosto 1961.

EDIPO A HIROSHIMA dramma in due tempi – ed. Ora Zero anno V n°17, Ottobre 1963
Premio IDI-St. Vincent 1963

SIGFRIDO A STALINGRADO dramma in 2 tempi e 9 quadri – ed. Ora Zero, annoV n°18, dicembre 1963
Premio Nazionale Vallecorsi 1963

HITLER A DELFO ed. Ora Zero n° 21, 1964

GLI ATOMINIDI (scritto a 4 mani con Mario Moretti) – 1965

PER DON CHISCIOTTE LA TERRA È FERMA commedia in tre atti e sette quadri – ed. Ora Zero n°24, Roma 1965

MORTE DEL PROTAGONISTA ed. Ora Zero n°25-26, Roma 1965

FUOCHI SULLE COLLINE marcia eroica in due tempi e cinque tappe – Udine 1966

LA VERITÀ dramma comico in 3 atti – ed. Ora Zero n°28, Roma 1966

L’ALTRA DIGA apocalisse in 2 tempi – ed. Ora Zero n°28, Roma 1966
premio del Ministro delle Partecipazioni Statali al Vallecorsi 1964

EST E OVEST VANNO A SUD gioco feroce in 2 tempi – ed. Ora Zero n°28, Roma 1966
Affermazione al Premio Betti 1965
Premio Lentini 1967

IL TEATRO SMOZZATO atto unico, 1968.

IL SESSOLINO NELLA SCARPA 2 tempi – 1968

VIA CRUCIS ORA ZERO poema dell’evoluzione non violenta – ed. Orazero n°31, Roma 1969

EROSTEATRO spettacolo in 2 tempi – ed. Orazero n°35, Roma 1970

SESSINVASIONE fantapochade in 2 tempi – ed. Orazero n°35, Roma 1970

DOLCI SMEMORIE controstoria in 2 tempi – ed. Orazero n°36, Roma 1970

FESTA GRANDE AL CASTELLO – 1969

LA PUNTA DEL COLTELLO atto unico, 1971

LA LOGGIA DELLE SATIRE (i prodromi della rottura) – ed. Orazero n°43, Roma 1972

LA POLTRONA ELETTRICA 2 tempi – ed. Orazero n°46, Roma 1972

BA RA BAN musicomical, commedia-cabaret in 2 tempi – ed. Orazero n°47-48, Roma 1973

IONESCO E BECKETT IN COLLAGE – in Comunicazioni di massa n°12 – 1973

VALPINO ALLA SCOPERTA DEL MONDO il gioco della fantasia – 2 tempi e 13 quadri – Arti Grafiche Friulane Editrice, Udine, 1973.

HIPPY END offplay in 2 tempi- ed. Orazero n°51, Roma 1977

SPIGOLATURE TRA LE OPERE

 

LE OLIMPIADI DEI CLOWNS  

Farsa eroica in 2 tempi

Prima rappresentazione: Roma, 1960 – Teatro dei Satiri – Comp. 4° Festival delle Novità, regia di Andrea Camilleri

Altre rappresentazioni:

1973 – 1974: Vittorio Veneto, Udine, Treviso, Padova, Lignano Sabbiadoro,  ecc. – Comp. Teatro Orazero Padova (TOP), regia di Guido Rebustello.

1990, 1993, 1999, 2007: Conegliano – Auditorium “Dina Orsi” – Comp. Teatro Orazero di Vittorio Veneto (UILT), regia di Francesco Santin

 

Personaggi: 1 maschera, 4 clowns, 1 ragazza sexy, 1 signora, 1 ballerina, l’atleta.

La scena: La pista di un circo equestre crollato. Qualche lembo di telone, corde sfilacciate e un palo al centro. Uno scivolo conduce alla porta azzurra degli Uomini.

 

Soggetto: Quattro clowns (Golonio, Zeta, Napermione, Nasoblù) si trovano sull’ultima pista dell’ultimo circo di un mondo che credono distrutto. Passano il tempo tra gags e capriole quando entra la maschera Arlò (metà Pierrot e metà Arlecchino) per avvisare i pagliacci che il mondo non è sparito, bensì si è sollevato sulle loro teste. Infatti mentre i clowns erano presi dalle loro inconcludenti stupiderie, gli uomini si erano allontanati. Arlò invita quindi i pagliacci a mettersi in marcia sotto la sua guida verso la strada dell’Umanità e propone di sperimentare gli esercizi sportivi che più gli sembrano adatti ad elevare la loro pigra natura sino a farli raggiungere la condizione umana attraverso lo sforzo delle gare atletiche.

Interpretate dai clowns, i vari Giochi si concludono in grottesche figurazioni dei vari sport.

Golonio, Zeta e Napermione, sfiancati dalla sola visione delle gare sportive, stanno per rinunciare alla impresa ma vengono pungolati da Nasoblù, che ha già compiuto il primo passo sulla via degli uomini, e da Arlò che avverte già in sé i primi prodigiosi segni dell’uomo: l’amore, l’ansia, la gelosia, l’insoddisfazione.

Alla fine, attraverso le varie prove i Clowns, ad eccezione del troppo pigro Golonio, sono riusciti a salire e sono tutti presi nel vortice della nuova avventura.

Golonio rimane incatenato alle sue capriole, ai suoi lazzi, al suo lucido sragionare. Resterà a fargli compagnia una piccola pulce. Gli altri Clowns e le Maschere sono ormai lontani.

 

L’ALTRA DIGA

Opera premiata con coppa del Ministro delle Partecipazioni Statali al Premio Vallecorsi 1964

Apocalisse in 2 tempi

Prima rappresentazione: Padova, 1987 – Teatro Verdi – Comp. Teatro Orazero57, interpretazione e regia di Filippo Crispo.

 

Personaggi: 5 uomini, 2 donne, 2 mimi, 1 ballerina

Scena unica: La Sala del Trono e della Borsa.

Soggetto: Sullo sfondo di un’apocalittica sciagura, quella del Vajont, con le sue duemila vittime colte nel sonno da una morte orrenda, s’inizia il gioco delle pesanti responsabilità da parte dei componenti la dinastia nazionale dell’oro.

La violenta denuncia è lanciata da un rappresentante di quella parte della stampa che non è al loro servizio.

Dal mare di fango nello sfondo,emergono le voci dei morti che cantilenano motivi agghiaccianti: i semplici e dolci piaceri della vita spaventosamente troncata, le colpe dei potenti, la neghittosità dei dipendenti, la tragica rapidità di quegli attimi, la sorda lentezza dei provvedimenti.

 

 

EDIPO A HIROSHIMA

Premio “Pro Civitate Christiana” 1961

Premio IDI-Saint Vincent 1963

Dramma in 2 udienze

 

Prima rappresentazione: Torino, 1963 – Teatro Stabile di Torino, regia di Roberto Guicciardini

Altre rappresentazioni:

Tokio, 1966-1967 – Teatro Atelier – Comp. Teatro Libero di Tokio.

Barcellona, Madrid, Valladolid, 1966, 1971, 1972 – Comp. “Teatro Bambalinas” con la regia di A. Lozano Borroy.

Plzen, Ceckè Budojovice, (Cecoslovacchia) 1969

Padova, 1983 – Teatro Verdi – Comp. Teatro Orazero57, interpretazione e regia di Filippo Crispo.

Conegliano, 1993 – Auditorium Fenzi – Comp. Teatro Orazero di Vittorio Veneto (UILT)-Progetto Giovani, regia di Francesco Santin.

Vittorio Veneto, 1999 – Auditorium del Seminario – Comp. Teatro Orazero di Vittorio Veneto (UILT)-Lab. al Flaminio, regia di Francesco Santin.

Conegliano, 2006 – Auditorium “Dina Orsi” – Comp. Teatro Orazero di Vittorio Veneto (UILT)-Lab. al Liceo Classico, regia di Francesco Santin.

 

Personaggi: l’imputato, il presidente, il pubblico accusatore, il difensore, 2 ballerini o mimi.

Scena unica.

 

Soggetto:

Affronta il dramma del maggiore Eatherly, il pilota delle prime bombe atomiche della storia, fra dovere e umanità, nei riflessi tragici della strage di Hiroshima.

L’Edipo di Sofocle uccide un viandante senza sapere che è suo padre. L’Edipo di Luigi Candoni uccide duecentomila individui senza ignorare che sono suoi fratelli. L’Edipo di Sofocle incomincia un processo per scoprire il colpevole e, quando accerta di essere l’assassino, può assumere su sé stesso il peso del crimine, liberandosene mediante l’espiazione. L’Edipo di Luigi Candoni chiede invano di essere processato e condannato. Sull’Edipo incolpevole di Sofocle grava la fatalità di un destino imperscrutabile. Sull’Edipo lucidamente consapevole di Luigi Candoni grava invece l’incapacità di tradurre l’intelligenza in un’azione conseguente.

Le ultime parole del dramma sono queste: “ L’odio, la violenza e l’ingiustizia non potranno mai dare luogo a un millennio, né in senso morale e spirituale, né in senso materiale. La sola via che può portare ad esso è l’amore generoso e creativo, la fiducia e la fratellanza, a patto che non ci si limiti a  predicarli, ma vengano praticati in concreto”.

La suggestione sottile e inquietante di Edipo a Hiroshima deriva da questo contrappunto in negativo con l’Edipo re, contrappunto che sostiene dal principio alla fine il dramma, pur rimanendo sempre abilmente dissimulato. L’Edipo di ieri doveva combattere contro la forza oscura ed a lui superiore della fatalità; L’Edipo di oggi deve combattere soltanto contro sé stesso, ma i risultati della lotta si rivelano incomparabilmente più cruenti, perché l’uomo sa “predicare” i suoi ideali e non riesce a “praticarli”.

Edipo a Hiroshima è stato definito dall’autore un “urlo di pace” e lo è anche dal punto di vista formale. I personaggi non si contrappongono infatti l’uno all’altro in una ordinata dialettica scenica; ma si manifestano violentemente con altrettante proiezioni dell’angoscia che possiede e lacera il protagonista.

 

SIGFRIDO A STALINGRADO

Premio Nazionale Vallecorsi 1963

Dramma in 2 tempi e 9 quadri

 

Prima rappresentazione:

Firenze, 1964 – Teatro Stabile di Firenze – Con Valentina Fortunato, Corrado Pani, Carlo D’angelo, regia di Giuseppe di Martino

Altre rappresentazioni:

Santiago di Galizia, 1968 – Comp. “Ditea” con la regia di A. Magàn.

Bolzano, 1969 – Teatro Stabile

Madrid, 1969 – Teatro Nacional de Camera e Ensayo – regia di P. Mirò

Buenos Aires, 1969 – regia di R. Frocari-Rinaldi

New York, 1974 – Teatro “Provincetown”.

Trieste, Padova, Udine, Treviso, 1975 – Comp. Teatro Orazero Top di Padova con Angela Cavo e Luigi Sportelli, regia di Guido Rebustello.

 

Personaggi: Grete, Toni, la voce di Sigfrido

Scena unica.

Soggetto: Grete, una aristocratica tedesca che ha avuto notizia della morte del marito, ufficiale a Stalingrado, sta per suicidarsi nella camera della sua villa a Stolp (Stolpmuende) in Pomerania. Grete ascolta per l’ultima volta la voce del marito Sigfrido incisa su un nastro magnetico, ma l’irrompere di Toni sconvolge la vita della giovane donna. Toni è un disertore che è riuscito a sfuggire al servizio militare rimanendo rinchiuso per qualche anno nelle camere da letto di sconsolate vedove di guerra. Toni è braccato dalla gendarmeria, ma Grete non rivela la presenza del giovane. Vuole che si costituisca da sé. Per questo gli offre rifugio nella sua camera per qualche ora.

Ma un legame eccezionale stringerà presto i due giovani e Grete farà di tutto perché Toni non abbia più ad allontanarsi. Passano i mesi. La voce di Sigfrido che porta nella stanza l’eco della lontana battaglia, è ormai sommersa dal canto della nuova passione. Ma il transfert dell’eroe piano piano entra nell’animo del disertore e con esso, l’ansia della verità e del riscatto.

A questo punto Grete avverte che Toni le sta sfuggendo irrimediabilmente. Quale suprema prova gli propone di uscire. Toni vaga l’intera notte nella città avendo addosso la divisa del capitano scomparso. E all’alba, quando rientra, comunica a Grete la sua decisione di partire per il fronte in sfacelo: si unirà alle schiere dei naufraghi travolti dalla disfatta e parteciperà alle loro sofferenze. Scompare così dalla finestra da dove un giorno era entrato.

Grete telefona al capo della polizia per denunciare l’amante. Versa il veleno nella coppa e sta per portarlo alle labbra, come all’inizio del dramma.

 

LA VERITÀ

Dramma comico in 3 atti

Prima rappresentazione: Trieste, 1970 –  Comp. Teatro Orazero di Padova, regia di Costantino De Luca e Guido Rebustello.

 

Personaggi: 3 uomini e 1 donna

Scena unica: un sipario che non si apre mai

Soggetto: Luce in sala, lo spettacolo tarda a cominciare. E’ la storia di una commedia inesistente. Il sipario non si apre. Esce il clown Golonio e spiega al pubblico che lo spettacolo non può iniziare se non arriverà il Maestro che ha l’incarico di illustrare il significato della commedia. Così intrattiene il pubblico improvvisando dei giochi scenici con la collaborazione di altri attori.

All’annuncio che il presentatore sta arrivando, finisce il primo atto.

Il secondo atto ci mostra l’esperto A, davanti al sipario sempre chiuso, che dà una sua spiegazione squisitamente immanente della Verità. Ma in proscenio sale un secondo presentatore B il quale sostiene la tesi della Verità trascendente.

Tra A e B si inserisce la figura di C, una donna completamente alienata. Dal sipario, sempre chiuso, esce il clown Golonio ad annunciare che anche lo spettacolo del secondo atto era soltanto un gioco per guadagnare tempo in quanto il vero Maestro non è ancora arrivato e quindi, senza il suo commento, la Verità non potrebbe essere capita.

Il terzo atto viene rimandato: il pubblico sarà convocato a domicilio all’arrivo del Maestro…

 

EST E OVEST VANNO A SUD

Opera premiata con medaglia d’argento al Premio Betti 1965

Premio Lentini 1967

Gioco feroce in 2 tempi

Prima rappresentazione: Roma, 1967

Altre rappresentazioni: Udine, 1976 – Palamostre – Comp.Teatro Orazero di Udine

Personaggi: 3 uomini e 1 donna

Scena unica: un posto di guardia sulla linea di confine.

Soggetto: L’azione si svolge in una radura sulla terra di nessuno, lungo una ideale linea di confine sulla quale vengono a scontrarsi tutti gli eserciti della storia e dove si accende la prima scintilla di tutte le guerre, di ieri, di oggi e di domani. Al centro si alza un palo con due bandiere direzionali: EST-OVEST. Nei due opposti campi svettano gli stendardi con i colori che cambiano nel tempo, giacché è proprio il tempo che si rivelerà come il vero protagonista di ogni evento umano.

 

LA POLTRONA ELETTRICA

Commedia in 2 tempi

Prima rappresentazione: Udine, 1971 – Teatro Manzoni – Comp. Teatro Orazero  – Regia di Guido Rebustello.

Altre rappresentazioni:

Firenze, 1972 – palazzo Pitti – Comp. Teatro Orazero  – Regia di Guido Rebustello.

Venezia, Treviso, Vittorio Veneto, Conegliano, Sacile, ecc. 1977,1978,1980,1982 – Comp. Teatro Orazero di Vittorio Veneto (UILT), interpretazione e regia di Francesco Santin

Personaggi: Io, Lei, Claudio, i Testàculi

Scena unica: al centro del palcoscenico una enorme poltrona, sulla destra, in proscenio una enorme borsetta, sulla sinistra una carrozzina fatta ad uovo. 

Soggetto: Il filo conduttore della commedia è un difficile e tormentato monologo del misterioso Io che cerca di lasciare il suo messaggio all’umanità e si affanna a raggiungere un punto fermo che plachi l’ansia della sua esistenza.

Io è uno scrittore ma non lo fa di professione, è un solitario ma ha una famiglia, è un asociale ma aspira ad una promozione per la conquista di una poltrona: è, insomma, lo specchio delle nostre contraddizioni. Il mondo di Io è la simbolica, immensa poltrona; il mondo di Lei, la gigantesca borsetta nella quale Lei vive, fa la doccia, si veste, si spoglia, si guarda allo specchio; e il mondo dell’invisibile e tacito Erede, l’uovo. Dall’alto della sua poltrona Io ci fa ascoltare i brandelli delle sue speranze e delle sue disillusioni, le sue concessioni al Sistema e le sue fughe dal Sistema, la sua passività e la sua ribellione nell’ambito del circuito familiare e, più, nell’ambito del rapporto Uomo-Donna, Uomo-Donna-Figlio. Così i luoghi comuni di una realtà spicciola e meschina si dilatano fino a farci affacciare sul mortificante e arido retroscena della Coppia, in un susseguirsi di invenzioni verbali una più scattante dell’altra. Di qui la continua doccia scozzese alla quale lo spettatore è sottoposto in una alternanza di riso e di riflessione.

SESSINVASIONE

Fantapochade in 2 tempi

Personaggi: (Visibili): Mario, Angela, Sergio, Brunilde. Leandra; (Invisibili: i Labyli): Livia. Berto, Ketty, Rocky.

Scena unica: Un soggiorno modernissimo.  Qualche tavolinetto a fior di terra. Molti puff, cuscini e tappeti. Sparse qua e là riviste a rotocalco, fumetti, libri tascabili e quanto di più mass-mediatico si possa trovare.

Soggetto: Un giorno Mario arriva a casa con un annuncio sensazionale: è scoppiata…. l’invasione! Alla moglie, culturista e praticona, che gli chiede con indifferenza se gli invasori sono cinesi o russi, l’allegro Mario spiega che si tratta di individui venuti da un “universo laterale”  i quali hanno una particolare caratteristica: pur essendo identici agli uomini, sono dotati di una scarsa carica energetica e ciascuno di essi riesce a materializzarsi agli occhi di un solo terrestre,precisamente quello col quale entrano in sintonia.

I Labyli –questo il nome degli invasori- sono già da anni sulla terra e sono estremamente portati alle pratiche amorose. Nella casa di Mario entrano quindi i due invasori ospiti i quali sono visti rispettivamente solo da uno dei due coniugi e quindi risultano del tutto invisibili al pubblico. La serata si fa più incandescente quando entrano a parteciparvi due amici di famiglia, marito e moglie, coi loro rispettivi amici Labyli, reciprocamente invisibili. Così la scena si popola di otto personaggi dei quali solo quattro visibili al pubblico, mentre degli altri si avverte però la presenza condizionante il gestire e il dialogare  dei “normali”. Con l’arrivo di un quinto personaggio (una meravigliosa cover-girl metallizzata) scatta il congegno della esilarante, allucinata e imprevista trovata finale.

DOLCI SMEMORIE

Controstoria  in 2 tempi

Prima rappresentazione: Udine, 1969 – Teatro Manzoni – Comp. Teatro Orazero di Padova – Regia di Costantino De Luca.

Altre rappresentazioni : Hradec Kravolè (Cecoslovacchia), 1970 – Teatro Klicpera  – regia di Jan Hyhlik.

Personaggi: 2 uomini (Memo e Momo) e 1 donna (Mema)

Scena unica: un mucchio di pietre sul fondo, cioè il nostro “quasi niente futuro”

Soggetto: Reduci da una festa Memo e Mema  si incontrano con un amico di famiglia a “non-si-sa-dove”. L’evento non avrebbe alcunché di insolito se i due sposi non scoprissero che Momo sta perdendo la memoria a velocità folle tanto da non riconoscere più gli  amici e da regredire vorticosamente verso la demenza. Momo chiede aiuto e gli amici fanno di tutto per sostenerlo cercando in ogni modo, con esercizi e recite (i personaggi si sdoppiano in varie parti), di riattivargli la memoria perduta. Niente da fare!

Visto inutile ogni sforzo, Memo e Mema decidono di abbandonare al suo destino il cervello dell’amico, senonché a un certo punto anche Mema comincia a dar segni di preoccupanti amnesie e il morbo galoppa inesorabile tanto che ben presto non sarà in grado di riconoscere il marito.

E alla stessa epidemia non sfugge neanche Memo che tenta in ogni modo di resistere e opporsi alla terribile “fuga”. Tutto inutile. Cosciente della sua caduta, Memo continua sino alla fine a porsi la domanda: da dove veniamo? chi siamo? dove andiamo?  Egli solo intuisce che per avanzare bisogna “far catena”, cioè amarsi perchè il traguardo dei disamorati è l’annullamento nella materia inerte: chi non ama si autodistrugge.

 

UN UOMO DA NULLA

 “Premio Murano” 1953

3 atti

Prima rappresentazione: Venezia, 1953 – Teatro La Fenice – Comp. Diana Torrieri con E.M. Salerno e regia di Gian Franco De Bosio.

Personaggi: Giulio, Curzio, Irina, Linda Vaiolet, il Direttore, Gervasio, Mario.

Ballerini – ragazzi con le maschere.

Scena: atto primo e terzo: Redazione di un quotidiano di provincia, resa da un semplice spezzato proiettato sull’ avanscena e tappezzato amosaico da quelle fotografie a bromostampa che le Agenzie delle Case cinematografiche inviano ai giornali. Sotto le pin-up sono ritagliati ecomposti dei titoli a carattere di testata: LA MONACA IN BORGHESE – LA REGINA DEI MELONI – SI PROFILA L’INTESA – LA PROVA DELL’AGGRESSIONE.

Un tavolo , una sedia, una macchina da scrivere, un paralume e un telefono.

Un velario nero nasconde la scena già predisposta sul retro: sul palcoscenico sono erette delle minuscole case di cartone. Possibilmente qualche insegna al neon.

Nel fondale nero un riquadro di cellofan. Su un’altalena, sospeso al centro della città in miniatura, Giulio si dondola, stringendo nella mano destra il pacco delle banconote.

Atto secondo: A sinistra, molto avanzato verso il proscenio, l’interno di una povera cucina di marinai. Pochissimi elementi: una branda, un tavolo, qualche scanno – su uno dei quali è posata una maschera da palombaro qualche attrezzo e cannelli per fiamma ossidrica. Sull’unica parete di fondo sono appese delle vistose fotografie ritagliate da riviste in rotocalco.

Tra questa scena e l’altra, già predisposta sulla destra, dietro il siparietto nero, non yi è soluzione di continuità. Il « passaggio» da un ambiente all’ altro potrà essere reso con un semplice gioco di riflettori, che illumineranno il luogo dell’ azione, cioé il settore di sinistra o quello di destra.

In quest’ultimo si svolgerà tutta la scena del secondo quadro e il finale del primo. Un divano, due poltrone, qualche quadro di autore d’avanguardia e vasi d’arte orientale. Le pareti devono essere rese a spezzati, con scenografia mo- derna e trascurando ogni particolare. Possono addirittura essere sostituite dai quintoni.

Al levarsi del sipario non si vedrà che la cucina, illuminata da una lampada ad olio posata sulla tavola, per cui i limiti della stanza si perdono nell’ombra e, sulla destra, un panneggio di reti da pescatore stese per tutta la lunghezza del palcoscenico.

Soggetto: E’ la storia di un giornalista cacciato da una redazione di provincia, che egli serve malamente perchè troppo invischiato nei suoi sogni che non riesce mai a concretizzare. Giunto al punto di uccidersi, si rende conto che prima di compiere un tale gesto «deve regolare alcuni conti con la vita».

Così decide di desistere dal suo proposito, per chiedere perdono alla madre e ad un amico e dichiarare il suo segreto amore alla ragazza che anima i suoi sogni. Ma compiendo questo gesto scopre che la madre si è rassegnata alla sua scomparsa e la sua presunta innamorata si consola fra le braccia del suo amico.

Quest’ultimo, in un finale con spunti drammatici, viene ucciso da Giulio, il protagonista, quasi involontariamente: «il bene si impone fatalmente sul male».

IL FUTURO È DEGLI IMBECILLI

Commedia esplosiva in 3 atti

Prima rappresentazione: Roma, 1962 – Teatro dei Satiri – Regia di Nico Pepe.

 

Personaggi: Eròstrato (un giovane di circa 20 anni) – Lalla (una giovane di quasi 20 anni) – Varo (un vecchio molto giovane) – Rama (una vecchia molto giovane) – e un passero: Tommaso.

Scena: Una stanza al secondo piano di un casamento popolare. Periferia di grande città. Scenografia rigorosamente realistica, soprattutto nel colore delle pareti (incombenti, di un bianco grigio calcinato e muffoso), nella finestra e negli oggetti.

Più che ad ambiente per abitare, lo stanzone è adibito a laboratorio e pertanto è ingombro di attrezzi: martelli, pialle, barattoli, secchi, libri a cataste.

Il settore di sinistra è riservato alla confezione della «terra» ed è invaso da bottiglie di birra e vasi di fiori.

La gabbietta del passero T omaso è appesa sulla parete di fondo. La finestra sul fondo dà sulla piazza dove al mattino si celebra il chiassoso mercato rionale. La finestra è protetta da sconnesse persiane di legno grigio e da vetri rappezzati. Lontano si intravvede un casamento in costruzione.

Sulla sinistra la porta che dà alle camere del piccolo appartamento, sul fondo a destra la porta protetta da una stuoia di tela di sacco che dà sull’ingresso. A lato di questa, appesa sul muro, una grande mappa della città. Addossati alla parete di destra: una credenza sgangherata, una vecchia cucina a gas sormontata da una cappa nera e un lavandino sovrastato da un bidone della «Shell» dal quale scende il tubo dell’ acqua.

Da una cordicella tirata in primo Piano pendono strisce di pellicole fotografiche messe ad asciugare.

Tre sedie, rigide e poco ingombranti, ognuna con una propria fisionomia, Quella di Varo è alzata su una specie di podio alla sinistra del tavolo. Alla destra del tavolo c’è lo sgabello di mamma Rama, sul fondo la sedia di Erostrato. In primo piano, sul lato destro della scena, una bara. Questa è il fulcro, il centro vitale della casa. Si tratta di una bara autentica, lucidata con amorosa cura. È l’unico oggetto lussuoso della casa e col passare del tempo andrà sempre più arricchendosi di etichette d’albergo e fregi luccicanti.

Nel secondo atto avrà all’estremità un piccolo albero con vela e nel terzo delle slitte che la potranno far dondolare come una culla.

All’inizio della commedia la bara sarà interamente rivestita da una coperta e avrà la sonnecchiante sagoma di una comune cassapanca. Sul coperchio della bara si apre una piccola finestrella a sportello.

Soggetto: Siamo nell’immaginario quartiere di Efeso, una lurida borgata ai margini di una grande città. Vi aleggiano tutti i fetori possibili di una umanità miserabile e vi covano tutte le ribellioni. La ribellione dei genitori del giovane Erostrato, i quali per sfuggire a loro stessi, alla loro povertà vecchia di sempre, alla loro realtà umana che volge alla fine, organizzano giochi apparentemente assurdi e al difuori di ogni logica, ma che altro non sono che simbolo di tutti i desideri non raggiunti; hanno fatto di una bara una zattera, loro che non hanno mai visto il mare; parlano a tratti come immaginano che faccia la gente ricca, loro che sono sempre stati pezzenti. La ribellione di Lalla, fidanzata di Erostrato, ragazza ricca, stufa della sua vita di ogni giorno fra «le belve impagliate», che cerca di sfuggire alla sua persecuzione ed alla sua infelicità nascondendosi nella casa del giovane. Ed infine la ribellione di lui, di Erostrato. È stufo, stufo di tutto; della fatica quotidiana di vivere, di subire, di lottare, di esprimersi; e questa sua inadeguatezza alla vita ed alle delusioni, provoca la decisione pazza di far esplodere la città, poco per volta, avvertendo le autorità, per avere almeno per poco tutti ai suoi piedi.

Ed attua il suo progetto di distruzione aiutato dai vecchi genitori che credono in un ennesimo gioco e dalla ragazza che lo asseconda per amore, una forma di amore malato ed assurdo che anch’esso somiglia ad una fuga dalla realtà.